SMART WORKING TELELAVORO - Con le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19 è entrato prepotentemente nelle nostre vite il termine smart working. In Italia però il termine smart working è - nella maggior parte dei casi - usato erroneamente per indicare quello che in realtà è il telelavoro, nota nel mondo anglosassone come telecommuting. Nella realtà delle cose però in Italia e all’estero sono diffuse entrambe le modalità di fruire il lavoro, ma sono diverse le regolamentazioni, i benefici e i rischi che le coinvolgono. Diversi sono anche i risvolti economici che hanno avuto e si prospetta avranno in futuro.
I termini telelavoro e smart working non stanno a indicare lo stesso modo di fruire il lavoro. Lo si capisce bene anche dalla definizione di lavoro agile, lo smart working appunto, che viene data nell'ordinamento italiano:
«una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.»
Tale definizione ci permette di capire come il lavoro agile sia caratterizzato dal fatto che la prestazione lavorativa è svolta senza una postazione fissa: quindi in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno. Non va quindi confuso con il telelavoro, che prevede che il dipendente lavori tipicamente da casa e che ci sia di norma un solo rientro a settimana nel posto di lavoro tradizionale. Nel telelavoro, il lavoratore è vincolato a lavorare da casa ma mantenendo le stesse responsabilità possedute da coloro che svolgono le proprie attività sul posto di lavoro. Il lavoratore che invece è in smart working secondo la Legge italiana n. 81/2017 svolge la propria attività in tre modalità:
Quello che accomuna tutte e tre le modalità è il fatto che spetta al lavoratore gestire la propria giornata lavorata. Ovvero: con il datore di lavoro - quando c’è - vengono concordati gli obiettivi e i progetti da realizzare e le date di scadenza entro le quali vanno portati a termine. Spetta poi allo stesso lavoratore decidere quando e come svolgere il lavoro, purché porti a termine gli obiettivi entro il termine prestabilito. Nel telelavoro invece i dipendenti sono tenuti a svolgere le proprie attività da casa ma esattamente come se fossere in ufficio. Le due modalità sono distinte ma potrebbero essere svolte anche in maniera mista.
Io sono capo di un’azienda e ho dieci dipendenti. Alla firma del contratto il loro rapporto di lavoro con me prevede che 40 ore a settimana. Inoltre il nostro lavoro prevede un contatto giornaliero con i clienti che sono disponibili sono in fasce orarie determinate. Quello che posso fare io, come datore di lavoro, è permettere ai miei dipendenti di lavorare in telelavoro e smart working contemporaneamente. Come? Così. Chiedo la loro disponibilità in orari fissi ogni giorno - ad esempio tutte le mattine dalle 9 alle 13 - orari in cui so che sono disponibili i nostri clienti e lascio a loro la libertà di gestire le restanti ore. Inoltre posso chiedergli che almeno un giorno a settimana si rechino sul luogo di lavoro come prevede il telelavoro.
In Italia a fine 2019 solo il 3,6% degli occupati tra i 15 e i 64 anni lavorava abitualmente da casa. Durante la pandemia di COVID-19 i primi dati raccolti ci danno la possibilità di stimare una crescita vertiginosa di questa percentuale fino picchi compresi tra il 45% e il 50% dei lavoratori dipendenti in Italia. L’incremento post pandemico, registrato in altri paesi oltre l’Italia, è frutto anche delle ultime ricerche svolte in campo economico. Queste hanno mostrato i vantaggi del lavoro agile non solo come argine finalizzato a preservare il distanziamento sociale ma e soprattutto dai punti di vista produttivo, di sostenibilità ed economico. Ci sono però anche dei rischi. È ovvio, però, che si devono considerare sempre i singoli casi, poiché i benefici (o gli svantaggi) derivanti dal lavorare da remoto dipendono anche dalle peculiarità caratteriali individuali: bisogna sempre individuare ciò che funziona meglio per ogni persona.
Uno studio recente condotto dall’Università di Stanford e basato sui dati raccolti in tre anni di osservazione che ha coinvolto 250 persone operanti in 21 imprese, piccole medie e grandi, riporta i seguenti dati medi per dipendente in smart working: 2.400 chilometri percorsi in meno, sette giorni guadagnati e 270 chili di anidride carbonica non immessi nell’aria con un risparmio di circa 1300 euro a dipendente.
Tra i benefici del lavoro agile, inoltre, c'è anche il poter realizzare un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, poiché ci si può organizzare in modo autonomo in merito a tempo e spazio per lo svolgimento del lavoro, con una conseguente diminuzione dello stress da lavoro. Come dimostra lo studio condotto dall’Università di Stanford inoltre si vede come lo smart working, ma anche il telelavoro in questo caso, riducono i tempi e costi del trasporto per i singoli lavoratori. I risparmi ci sono anche per le aziende che risparmiano sui costi fissi di struttura. Inoltre permette di accedere a un bacino più ampio di lavoratori essendo un’opzione favorevole anche alle categorie ‘fragili’: madri, familiari caregiver di persone anziane o con disabilità, soggetti impossibilitati a spostarsi, studenti che possono iniziare presto a fare esperienze nell’ambiente lavorativo.
Il lavoro a distanza e agile può introdurre dei rischi quali: una ridotta capacità di trasferimento delle informazioni tra la forza lavoro, l'isolamento sociale del lavoratore e la difficoltà di separazione tra vita personale e attività lavorativa
Secondo una ricerca portata avanti da NordVPN nel maggio del 2020, uno dei principali rischi del lavoro da casa è l'aumento involontario delle ore lavorative a discapito dei lavoratori. NordVPN ha dimostrato infatti come lavorare da casa abbia avuto un impatto negativo sull'ammontare delle ore lavorative giornaliere di tutti quei dipendenti americani costretti a lavorare da casa durante la quarantena, prevista dal governo statunitense per cercare di contenere e arginare il COVID-19. Secondo la ricerca, infatti, il giorno lavorativo, quando effettuato da casa, è il 40% più lungo rispetto all'ufficio: le ore lavorate diventano infatti 11, ben 3 in più di quelle solitamente previste.
In Italia a fine 2019 solo il 3,6% degli occupati tra i 15 e i 64 anni lavorava abitualmente da casa. Durante la pandemia di COVID-19 i primi dati raccolti ci danno la possibilità di stimare una crescita vertiginosa di questa percentuale fino picchi compresi tra il 45% e il 50% dei lavoratori dipendenti in Italia.
Nel 2017 l’Italia era ultima in Europa preceduta da Grecia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia ed Ungheria. Appena il 7% dei lavoratori aveva accesso allo smart working, anche solo occasionale. Dato che rappresentava appena l’1% dei telelavoratori generali. Nell’Unione Europea la media si attestava intorno al 17% e vedeva la Danimarca in cima alla classifica di smart worker con il 37% a pari merito con gli Stati Uniti. Dati positivi anche in Giappone e Brasile dove telelavoro e smart working è incentivato per ridurre spazi costruttivi nelle città e il tempo di trasferimento tra casa e luogo di lavoro.
Nel 2021, una ricerca condotta dall'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato che è progressivamente diminuito il numero degli smart worker, passati da 5,37 milioni nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel terzo trimestre. A settembre, infatti, si contano complessivamente 1,77 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, 630mila nelle PMI, 810mila nelle microimprese e 860mila nella PA. Progetti di smart working strutturati o informali sono presenti nell’81% delle grandi imprese (contro il 65% del 2019), nel 53% delle PMI (nel 2019 erano il 30%) e nel 67% delle PA (contro il 23% pre-Covid). Per il futuro invece lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, nel 62% delle PA e nel 35% delle PMI. Nelle piccole medie imprese però è forte la tendenza a tornare indietro, visto che un terzo di quelle che l’ha sperimentato prevede di abbandonare lo smart working. Anche se il 58% circa delle aziende ha dichiarato di avere difficoltà ad assumere o trattenere i dipendenti se non viene garantito lo smart working o il telelavoro.
Un recente sondaggio condotto su oltre 10.000 uffici con sede negli Stati Uniti ha rilevato che dei lavoratori in telelavoro quasi il 20% degli impiegati americani rientra un giorno alla settimana, circa il 10% due giorni alla settimana, solo il 5% tre giorni alla settimana. Una percentuale ancora quattro o cinque giorni e oltre il 50% solo saltuariamente. Per quanto riguarda lo smart working invece:
“stimiamo che durante il picco pandemico il 45% degli americani abbia lavorato da casa”, afferma Preston Caldwell, senior analyst economico di Morningstar. “Ma non pensiamo diventerà la ‘nuova normalità’. Entro il 2025 prevediamo che il 13% degli occupati americani lavorerà da casa a tempo pieno, con un incremento del 44% rispetto al 2019”.
In Francia, uno studio del Centre d'analyse stratégique dice che si è passati dall’8,4% di telelavoratori del 2009 al 25% tra marzo e aprile 2020. Differenti ricerca a livello internazionale rivelano che in Francia molti attualmente desiderano mantenere uno o più giorni di telelavoro durante la settimana e stanno considerando di lasciare il loro appartamento nel centro della città per una casa di campagna.
I risultati di un'inchiesta condotta dall'istituto Bass dicono che oltre 65'000 frontalieri francesi assunti da aziende insediate nell'Arco giurassiano (cantoni di Vaud, Neuchâtel, Giura e Berna) erano in home working a febbraio 2022. Dal primo di luglio invece è tornata in vigore la norma per cui il limite di ore lavorative effettuate da casa sia pari al 25%. Ma si lavora per alzare il limite al 40%.
In Spagna nel 2019 il telelavoro interessava solo il 4,8% circa della popolazione occupata. In meno di un mese dall’inizio della pandemia tale modalità è arrivata a interessarne il 16,2%. All’uscita dall’emergenza c’è una forte tendenza alla sopravvivenza di alcune forme di telelavoro ed è stato realizzato un decisivo intervento legislativo strutturale sul telelavoro subordinato. Questo andrebbe a stabilire una sorta di smart working ibrido che prevede almeno il 30% della giornata lavorativa svolta fuori dall’ufficio e il restante in presenza.
La tendenza nel resto d’Europa e nel Mondo è molto simile a quella dei paesi sopra citati. In generale le aziende e i lavoratori puntano a mantenere lo smart working e il telelavoro anche in futuro ma puntano ad una forma ibrida che prevede giornate anche in ufficio.