Tempo di lettura: 5 minutiECONOMIA ITALIANA MARZO 2021 - In un clima di crisi globale dovuta alla pandemia di covid-19, l'Italia sta cercando di rialzarsi attraverso nuove riforme. Una grave crisi di governo ha caratterizzato la politica italiana e influenzato l'economia del bel paese, lasciando spazio a riflessioni su quella che è la situazione attuale. Ad affrontare la questione abbiamo un esperto del settore economico: Marco Ginanneschi.Dottore Commercialista, Revisore legale, e docente nel Corso di Laurea in Business Management alla Link Campus University.
Per la sua notevole esperienza aziendale, come innovation manager nel mondo economico, ci rivolgiamo a lui in questa intervista con lo scopo di analizzare la situazione dell’economia italiana, afflitta dalla crisi dovuta alla pandemia globale, ponendo l’attenzione sui cambiamenti di governo e le nuove riforme.
Attualmente l'Italia sta attraversando un periodo di crisi persistente al quale si cerca di trovare una soluzione che sembra ancora non arrivare. Da un punto di vista economico, pensa che si stiano mettendo le basi per una ripartenza economica adeguata?
Per superare la più grande crisi economica dal dopoguerra a oggi, occorre porre le basi per ricominciare a ricostruire un Paese su criteri totalmente diversi, da un lato con una forte sburocratizzazione, che non significa un allentamento delle regole o delle attività di controllo, quanto invece una rapida e flessibile evoluzione delle procedure che possano ridurre i tempi decisionali con interventi mirati alle necessità contingenti, dall’altro un forte impulso sulle attività di rinnovamento delle infrastrutture strategiche che consentirebbero un rilancio produttivo immediato di cui beneficerebbero in pratica tutti i settori.
Sarebbe necessario rivedere il codice dei contratti pubblici ed immaginare dei tempi decisamente diversi per le varie fasi procedurali per l’aggiudicazione di un appalto pubblico e dei relativi tempi di realizzazione. L’esempio che il “miracolo italiano” può avvenire lo abbiamo già avuto, e non mi riferisco al boom economico degli anni sessanta, quanto piuttosto al Ponte di Genova che è stato progettato, realizzato e collaudato in meno di due anni dal crollo. Per un buon funzionamento della macchina amministrativa non è necessario agire in deroga alle regole con la nomina del Commissario Straordinario di turno, quanto la capacità di riscrivere nuove regole che siano al passo con la velocità dell’economia alla quale siamo abituati oggi.
Il peso della burocrazia, secondo uno studio in epoca pre-covid di Assolombarda, fa perdere almeno quattro punti di fatturato alle aziende, e la riduzione di un simile carico sarebbe ancor più benefico rispetto ad una pari riduzione percentuale dell’attuale carico fiscale.
Per ultimo basta immaginare, nonostante i decreti emergenziali, l’attesa di molti mesi per le aziende che hanno beneficiato dei ristori o dei tempi lunghi per ricevere la cassa integrazione per i lavoratori che rappresentano la categoria che merita una maggiore tutela sociale.
Con la crisi di governo di gennaio che ha portato alle dimissioni dell’ormai ex premier Conte e l’insediamento del nuovo governo Draghi, secondo Lei ci sono state ripercussioni economiche che hanno aggravato ulteriormente la situazione economica già precaria?
L’economia italiana, che già ha attraversato un ridimensionamento dal 2009 in poi, con crescita del PIL annuale di qualche frazione di punto decimale oltre lo zero, ha subito uno shock dovuto alla pandemia che ha ridimensionato gravemente interi settori produttivi, i quali effetti purtroppo, saranno visibili solo nei prossimi mesi quando cesserà lo stop ai licenziamenti e si faranno i conti definitivi dei posti di lavoro persi.
Non credo sia un problema politico, ma un problema di competenze e l’esperienza degli ultimi anni ci insegna che l’onestà è un prerequisito irrinunciabile alla quale deve essere necessariamente abbinata una grande capacità di visione strategica e di conoscenza degli effetti che può causate ciascun intervento normativo.
Siamo abituati infatti ad una bulimica produzione normativa alla quale non corrisponde spesso l’efficacia desiderata e questo denota l’ignoranza (nel senso latino del termine) delle complesse dinamiche dell’economia italiana.
Ovviamente l’attuale governo è composto, almeno per le “caselle strategiche” riguardanti l’economia, da referenziatissimi professionisti di fama internazionale e la speranza è che ci siano finalmente interventi coraggiosi e risolutivi per affrontare una situazione non solo emergenziale, ma di vera e propria ricostruzione.
Si è parlato molto dei bonus istituiti nei mesi passati, spesso criticati perché non sufficienti a coprire i mancati guadagni dei lavoratori. Pensa che questo tipo di strumento economico sia uno strumento efficace oppure crede che sia necessario implementarlo?
I bonus dei mesi passati sono stati importanti per tamponare una situazione imprevista, della quale non si potevano conoscere, almeno nella fase iniziale, tempi ed effetti.
Con il passare del tempo si è presa consapevolezza che occorrono interventi strutturali, dopo un primo soccorso per tenere in vita le speranze di una ripresa, ci si aspettano delle soluzioni diverse. I benefici a pioggia non sono sufficienti e soprattutto rischiano con il tempo di essere dispersivi e di creare anche degli effetti distorsivi nel libero mercato.
La ripartenza parte dalla progettazione di un nuovo modo di lavorare, non solo con lo smart working ma di una logica che consenta di fare “nuove economie” sugli spazi dedicati al lavoro (almeno nella categoria dei servizi), sull’energia, sui trasporti, che generano automaticamente nuove modalità di consumo e liberano ulteriore capacità reddituale.
Non è un caso che i risparmi nel 2020 siano aumentati in termini assoluti e questo è un indice che va in controtendenza rispetto alla disastrosa situazione economica.
Ci potrebbero essere quindi nuove premesse per rilanciare gli investimenti da parte dei privati che al momento risultano più timidi per la situazione di incertezza che si è creata.
I nuovi investimenti dovranno sostenere inevitabilmente la digitalizzazione, l’industria 4.0, l’automazione industriale, la robotica, la blockchain, l’intelligenza artificiale e le nuove reti di comunicazione.
Cosa ne pensa del Next Generation Eu?
L’Italia ha un’occasione unica nella storia dai tempi del Piano Marshall.
Il 2021 ha una particolare “congiuntura astrale” dovuta all’inizio della nuova agenda di programmazione 2021-2027 e dai fondi per il Next Generation Eu.
I prossimi mesi saranno determinanti per posizionare strategicamente nei capitoli di spesa le risorse disponibili. Anche i più convinti antieuropeisti forse stanno maturando l’idea che, se non ci fosse un sostegno sovranazionale sarebbe molto difficile uscire con le proprie forze da una crisi di dimensioni mondiali.
I nuovi investimenti dovranno sostenere inevitabilmente la digitalizzazione, l’industria 4.0, l’automazione industriale, la robotica, la blockchain, l’intelligenza artificiale e le nuove reti di comunicazione.
Abbiamo a portata di mano l’opportunità di un secondo Rinascimento, solo se le capacità di utilizzare i fondi non seguano gli esempi degli anni passati, dove l’Italia risulta essere tra i paesi europei con il più scarso utilizzo; un dato su tutti: nella programmazione 2014-2020, ormai prossima alla chiusura, su circa 48 miliardi disponibili, sono stati effettivamente spesi circa la metà e questo denota quante occasioni nel corso degli anni abbiamo perso. Solo sul Recovery Fund, la quota spettante all’Italia è di 209 miliardi e per avere la capacità di spesa occorre prima di tutto avere un piano di intervento per gli investimenti strategici e preliminarmente riscrivere le regole per la sburocratizzazione delle procedure nelle quali siamo purtroppo inevitabilmente intrappolati.
In relazione al Next Generation Eu, secondo Lei, quali potrebbero essere i punti su cui si concentrerà l’Italia con la prima scadenza del 30 aprile 2021?
Gli obiettivi del Next Generation EU ormai cominciano a delinearsi in contorni sempre più precisi e le aree di intervento per l’Italia saranno quelle della crescita sostenibile, con un nuovo approccio sul digitale, una nuova efficienza nella produttività nel rispetto dell’ecologia, lo sviluppo delle smart city, l’incentivazione della circular economy con l’adeguamento dei sistemi di gestione delle risorse, il riutilizzo delle materie prime, la riconversione industriale con criteri tecnologici. La ricetta vincente sarà quella di saper coniugare nuovi modelli lavorativi con l’attenzione al sociale e al rispetto delle regole per nuovi scenari di vita che si profilano all’orizzonte.
Pensa che l'Italia possa riuscire ad avere una minima ripresa dell’economia nei mesi a venire?
Nel breve termine purtroppo non sembrano esserci segnali incoraggianti, almeno fino all’arrivo dei mesi estivi. La speranza è che l’efficacia delle politiche sanitarie messe in campo, possa dare entro fine anno i suoi frutti, ma in molti casi il modello di lavoro che avevamo in epoca pre covid non sarà più lo stesso.
Alcuni pensano che sia solo un black-out e che al termine della pandemia tutto tornerà come prima, ma in realtà, ad oltre un anno di distanza, occorrerà trarre tirare le conclusioni ed intercettare nuove opportunità in un mondo economico in rapido cambiamento che non lascia spazio a nostalgie di un passato che ormai diventerà storia e non più attualità.
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